La selezione

(di Gianni Matranga)

La parola stessa già ci indica che questo metodo di riproduzione per essere adottato comporta delle scelte, naturalmente da parte dell'uomo, che consentano il “miglioramento” degli animali domestici (animali che in qualche modo sono stati assoggettati dall'uomo per soddisfare proprie esigenze di natura diversa ivi compresa quella estetica per finalità sportive).

L’uomo infatti, scegliendo determinati individui di una popolazione piuttosto che altri, ed accoppiandoli fra di loro, in funzione di caratteristiche visibili e non, ha ottenuto dei soggetti che hanno soddisfatto le tipicità che lo stesso si prefiggeva di esaltare, in relazione allo sfruttamento e, nel tempo, le ha stabilizzate attraverso rincroci in selezione.

Le razze più produttive e perfezionate che oggi possediamo non sarebbero tali se, mediante un lungo e paziente lavoro di generazioni, gli allevatori non avessero effettuato una scelta sistematica degli animali ritenuti migliori e più idonei agli scopi economici o estetici dell'allevamento.

Questi risultati, ottenuti da tale metodologia, che si sostituisce alla riproduzione naturale od a caso, hanno permesso di selezionare, con criteri adottati dagli allevatori (morfologia, funzionalità, produttività ed altre da sole od associate), caratteri con alti gradi di ereditabilità.

La selezione è realisticamente tra le forze o ragioni determinanti che governano l’evoluzione del mondo animale e vegetale.

Questo è quello che venne intuito e dimostrato abilmente da Darwin nella sua opera "L'origine delle specie mediante la selezione naturale."

Per le specie domestiche le funzioni affidate alla natura vengono assunte prevalentemente dall'uomo che decide appunto della sorte degli animali che alleva in funzione della destinazione finale (riproduzione per scopi di puro sfruttamento economico od estetico).

Questo tipo di procedura elimina di fatto la selezione naturale o casuale sostituendola con quella controllata dall'uomo in base a dei criteri selettivi particolari (scelta morfologica, funzionale, morfofunzionale), e dalla correlazione tra fenotipo (caratteri visibili) e genotipo (caratteri contenuti nel patrimonio genetico) nei confronti dei caratteri che servono di base alla scelta stessa creandone dei nuovi.

Da quanto detto è chiaro che le variazioni che dipendono dall'ambiente non produrranno modificazioni sostanziali nelle generazioni successive.

"La scelta degli animali da destinare alla riproduzione, e lo scarto degli animali non desiderati, implicano perciò una scelta e un’eliminazione di quei geni e di quei genotipi il cui fenotipo coincide con caratteri che l’allevatore intende esaltare e diffondere, o con caratteri negativi che vuole eliminare. Dipenderà dalla maggiore o minor correlazione tra fenotipi e genotipi, fra geni e caratteri, se la selezione riuscirà più o meno rapidamente nel suo intento, mediante la moltiplicazione progressiva dei genotipi più apprezzati e la progressiva eliminazione di quelli indesiderati."(E. Corti) -

La sistematica scelta di determinati animali da accoppiare favorisce, infatti, lo svilupparsi di certi genotipi a scapito di altri che non sono desiderati o meglio non vengono considerati utili dagli allevatori.

La selezione non porta di certo alla nascita di nuovi geni, può invece favorire e moltiplicare i geni mutati favorevoli che possono poi essere indirizzati alle manifestazioni dei caratteri ritenuti idonei e che rispondono a delle finalità precise.

Ora ci concentreremo sempre di più nei tipi di selezione artificiale tralasciando i concetti e le implicanze delle altre (s. naturale, s. massale ed altre) che per noi non hanno validità specifica in quanto non consentono di raggiungere variazioni genetiche di grande rilievo nel complesso della popolazione.

Come principio generale si ritiene utile segnalare che è opportuno limitare il numero di caratteristiche da selezionare, evitando di incaponirsi su caratteri somatici insignificanti e di non dimostrata correlazione con i caratteri essenziali che si vogliono invece perfezionare.

A parità di altre condizioni, è poi chiaro che quanto più ristretto è il numero dei componenti la popolazione tanto minori saranno le variazioni nella frequenza dei geni e dei genotipi.

Quindi tenderemo, con assiduità e costanza, a praticare una selezione rivolta alla scelta degli animali in funzione di criteri prevalentemente genetici, ossia alla capacità di ogni singolo individuo di trasmettere i propri caratteri alle generazioni successive.

La selezione artificiale prevede diversi tipi di metodologie, ma senza andare ad esaminare quelli che a noi appaiono sfavorevoli o che sono adatti ad altri tipi di animali, parliamo brevemente di quelle che si adattano alle nostre esigenze ritenendole le più idonee e che sostanzialmente prevedono una selezione basata sulla scelta dei riproduttori in base a criteri di esaltazione e a quelli detti dell’accoppiamento compensativo.

Una selezione effettuata solo per esaltazione, cioè prendendo due soggetti con degli stessi ottimi caratteri per esaltarli nella progenie, però, nasconde molte insidie ed è la soluzione adottata da chi non ha disponibilità di soggetti di valore.

A parte il fatto che poi la discendenza dovrebbe essere accoppiata con altre linee selettive che hanno a loro volta esaltato altri singoli pregi, questo tipo di selezione potrebbe esaltare anche parecchi difetti, sia presenti nel fenotipo che soprattutto nel genotipo, portando a selezione elementi degenerativi sicuramente indesiderabili.

Nei cromosomi sono infatti localizzati migliaia di geni responsabili dei caratteri dell’individuo come quelli somatici, fisiologici e comportamentali: colore, taglia, lunghezza delle unghie, forma dell’uovo, lunghezza delle penne ecc..., e poiché per determinare un qualsiasi carattere concorrono spesso più geni (Multifattorialità) e che un gene altresì può agire su più di un carattere (Pleiotropia) ed in alcuni casi condizionarne l’effetto di altri, è opportuno, a questo punto pensare ad un altro tipo di selezione che possa compensare fra di loro questi elementi: la selezione per compensazione.

Questo tipo di selezione appunto, è quella che io ritengo ci permetta di raggiungere dei buoni risultati nel più breve tempo possibile e riesce ad evitare meglio la concentrazione di difetti, almeno quelli visibili e manifestatisi già in altri ascendenti.

In poche parole risulta intuibile che un soggetto che appare ottimo in alcune voci andrà ad essere accoppiato con un altro che di contro esprime al massimo le caratteristiche che il primo non manifesta in maniera perfetta.

Tutti i soggetti ottenuti da questo accoppiamento, nelle generazioni seguenti, pian piano fisseranno tutti quei caratteri che era nostra intenzione trasferire, formando in questo modo, quello che viene definito “ceppo”.

Naturalmente le manifestazioni fenotipiche positive non possono essere da sole considerate risolutive per la scelta e la selezione dei riproduttori.

Esse devono essere accompagnate necessariamente dalle valutazioni sul genotipo ereditabile ed ereditato fino a quel punto dai nostri soggetti, la loro storia genetica, il loro pedigree insomma.

Nella pratica della selezione non ci sono formule a cui fare riferimento ma solo accorgimenti che ogni allevatore dotato di gusto estetico e percezione accentuata possono attuare pur nella diversità di interpretazione per giungere a risultati preventivati.

Chi sarà stato più bravo a cogliere questi meccanismi verrà premiato.